La face recognition, vale a dire il riconoscimento facciale, è ormai una realtà consolidata in molti contesti: per chi non la conoscesse, si tratta di una tecnica di intelligenza artificiale a cui si ricorre con lo scopo di definire l’identità di una persona. Essa è sfruttata in biometria e non di rado viene utilizzata in tempo reale, per esempio nel caso in cui si abbia la necessità di riconoscere un soggetto che viene ripreso da una webcam, da una fotocamera o da una videocamera digitale con sensore.
Il settore è in costante evoluzione, ed è per questo motivo che sul mercato si affacciano di continuo nuovi software e nuove app per smartphone. L’esempio più noto al grande pubblico è forse quello che riguarda l’ultimo iPhone X, all’interno del quale è presente la funzionalità Face ID che è finalizzata proprio a rendere disponibile il riconoscimento facciale e a bloccare lo smartphone nel caso in cui esso non si verifichi: un modo per rendere inutilizzabile il dispositivo in caso di furto. Nella parte frontale dello smartphone è installata una fotocamera che è integrata con TrueDepth, un sistema innovativo che si basa su molteplici sensori e che permettono di ottenere una scansione del volto di un individuo in tre dimensioni. Per Apple si tratta di un debutto nel settore del riconoscimento facciale: esso permette di proteggere le informazioni e i dati salvati nell’iPhone e, in teoria, potrebbe migliorare notevolmente la nostra sicurezza digitale.
Per quel che concerne i software che vengono adottati per consentire il riconoscimento facciale, sono numerosi i programmi usati a questo scopo: quasi sempre si fa riferimento a tecniche di elaborazione digitale, che lavorano sulle immagini isolando il volto dal resto del corpo o da tutto ciò che compare nell’inquadratura ma non riguarda il viso. Si parla, a tal proposito, di riconoscimento di pattern per le facce, basato su bocca, naso e occhi. Con il passare del tempo e con l’evolversi delle tecnologie, comunque, sono stati sviluppati anche software più avanzati, che hanno la capacità di identificare un volto anche nel caso in cui esso sia ruotato. Talvolta il volto identificato è interpretato in tre dimensioni, mentre in altre circostanze ci si limita a due dimensioni: dipende tutto dalla tecnica adottata.
Gli algoritmi impiegati per il riconoscimento facciale sono, a loro volta, numerosi: tra gli altri vale la pena di menzionare la PCA, acronimo che sta per Principal Component Analysis. Essa presuppone delle risorse computazionali contenute, ma ha il difetto di non riuscire a reggere le traslazioni e le rotazioni. Inoltre, i cambi di illuminazione e le variazioni di sfondo possono essere fonte di disturbo. In alternativa, si può citare la LDA, acronimo di Linear Discriminant Analysis, il cui funzionamento deriva da una suddivisione in classi con varianza estremamente bassa.